CUNEO
PIERO ARESE - Sabato scorso ero incollato al televisore ed ho seguito con grande emozione la cavalcata solitaria di Vincenzo Nibali verso la vittoria di tappa e del Giro. Ricordo luscita dal tornante, lo scatto, il leggero distacco e poi la progressione lenta, ma inesorabile fino allarrivo di SantAnna.
Poi, dopo larrivo, ho visto labbraccio di una donna e di un uomo di mezzetà al vincitore. Ho pensato fossero i suoi genitori. Ho saputo successivamente che erano i genitori di Esteban Chaves, il corridore colombiano che ha perso la maglia rosa, proprio quando stava già pregustando la vittoria.
Che dire? Raramente questo accade nello sport e al di fuori dello sport. Forse è la fatica, fatica vera, che accomuna coloro che ogni giorno laffrontano e che antepone, alla rivalità che pure esiste, un sentimento di solidarietà che scava nel profondo e che fa sorridere gli sconfitti.
Come è accaduto per Esteban Chaves. detto il colibrì. Come è accaduto per i suoi genitori venuti per la prima volta in Italia dalla Colombia. Volevano abbracciare la vittoria, ma hanno saputo sorridere alla sconfitta.
Che dire altro? Piazza Galimberti colorata in rosa mi è piaciuta: una degna cornice ad un evento nazionale che molti sportivi hanno visto in tutta Italia. Un corretto rapporto tra spazio ed evento. Finalmente!
Piero Arese