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Il cinema itinerante di Remo Schellino: la memoria di un territorio che "viaggia" su una vecchia Renault

MONTAGNA

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FIORELLA AVALLE NEMOLIS - Se vi capita di vedere una datata Renault 4 blu, con la scritta ben visibile in giallo "Terra, cielo e altre storie - Cinema itinerante”, arrampicarsi sulle strade tortuose delle Langhe, o di altri piccoli paesi sperduti del Cuneese, o nell'Astigiano, il suo ardito conducente è il regista piemontese Remo Schellino. Ma nessuno potrebbe sospettare che a bordo di quell'auto ci sia tutta l'attrezzatura professionale per allestire un cinema all'aperto.

Dopo un tortuoso viaggio, curva dopo curva, raggiungiamo San Bartolomeo, frazione di Cherasco, dove nel cortile di LaCasaRotta (cascina in comodato d'uso all'associazione di promozione sociale omonima), si proietta il documentario d'autore “Sotto la neve, il pane”. Nello spiazzo sorprendiamo Remo Schellino mentre allestisce il set cinematografico. Dallo sportello sollevato della sua Renault 4, come una magia, esce un pezzo dopo l'altro, tutta l'attrezzatura necessaria per una proiezione all'aperto.

Faccio un saluto circolare, mi prendo una sedia e assisto a un documentario in diretta, protagonista Remo, il mago che con movenze agili e con il metodo di consumato professionista, estrae dall'auto l'ossatura dello schermo, lo assembla, ed ecco che già si pregustano le immagini che scorreranno; srotola cavi con precisione certosina, li mette in sicurezza nei passacavi a membrana, sistema le casse, il proiettore, le attrezzature per i suoni, per le luci, insomma tutte le diavolerie che occorrono.

Sul set è il regista tuttofare: produttore, operatore, sceneggiatore, scenografo, tecnico luci, tecnico suoni e, infine, montatore. L'operazione dal vivo si conclude in appena un'ora, con intorno bimbi incuriositi e adulti che collaborano: per me lo spettacolo sarebbe già finito! 

Seduti ad un tavolo uno di fronte all'altro mi sorge spontanea la domanda: “Remo, ma tu chi sei?”. Sorride divertito e, in quello sguardo intenso, vedo impresse le migliaia di immagini, di volti, di sguardi, sorrisi e amarezze che ha carpito da mille anime riprese nelle sue opere d'autore.

Mi chiamo Remo Schellino, ho una piccola casa di produzione cinematografica, la Polistudio (con sede a frazione Naviante 19, a Farigliano, in provincia di Cuneo), nata nel 1991, che propone tutto ciò che è documentario sociale, uso anche il termine politico, e antropologico di memoria. Mi sono inventato il cinema d'autore itinerante, è il quinto anno che lo propongo a chi mi ospita".

Cosa rappresenta per te il cinema itinerante?

“Così, circondati di cose inutili, prive di qualsiasi funzione, neppure quella di dare piacere, secondo me è utile creare comunità, pratica ormai persa e attraverso i documentari fare memoria e proteggerla perché rimane impressa nella pellicola che qualcuno vedrà. Questa testimonianza è rivivere, quasi una sorta di immortalità che lascia una traccia di sé. Il mio fine è di ricreare l'atmosfera di comunità, non paragonabile a quella sui social, la mia visione di comunità è fatta di persone che si ritrovano, come stasera, per vivere insieme spazi ed esperienze che inducono a riflessioni.

“Sotto la neve, il pane” è legato alla memoria delle Langhe dove sono nato, in cui con calma, immensa pazienza e grande rispetto, a ritroso faccio un percorso, intervisto e pongo domande agli ultraottantenni, coetanei di mio padre, per carpire ciò che di vero c'è in ogni storia. Il mio lavoro di memoria è sempre privo di retorica, perché il bel tempo passato non era così, era bello solo per il senso di comunità. Do voce al disagio delle donne con la testimonianza di un'insegnante che, arrivando in paese prima delle lezioni, era costretta a rifugiarsi in chiesa, le donne erano precluse dal bar, anche solo per una sosta al riparo. Ricorda la Malora di Beppe Fenoglio testimoniata da persone che l'hanno vissuta.

Questa mia opera, anche se datata, ha un significato preciso: commemorare i vent'anni dalla morte di Nuto Revelli. In chiave più cinematografica è un po' il mondo dei vinti, quello della vita grama. Il cinema itinerante non si limita a montare uno schermo all'aperto per proiettare un ricordo, è un pensiero che include l'analisi sul Novecento e che, durante il montaggio, richiede una cernita precisa di sequenze che rimettano in discussione tutto e, senza timore, uso la parola politica nel senso più alto che implica porsi domande e stimolare il pensiero critico”.

Come si configura il cinema itinerante dal lato professionale?

“Porto in giro i miei lavori, chi li commissiona, può visionare il mio sito in cui trova tutto il mio materiale. Nel prezzo del mio operato è compresa l'attrezzatura per un completo set cinematografico montato direttamente sul posto prescelto, oltre ai diritti d'autore e il regista stesso che presenta il lavoro. Non ci sono figure intermedie e tutto passa dall'idea al lavoro e, con una liberatoria ho la facoltà di portarlo in altri luoghi anche se si tratta di un lavoro su commissione".

Una primizia?

"A breve uscirò con un lavoro su Berlinguer per i 40 anni dalla sua morte intitolato 'Cercando Enrico'".

In cantiere?

"Sto lavorando sugli anni Ottanta, ho archiviato le discoteche. Se vai su Youtube, digitando “Tutto era turbo” di Remo Schellino, trovi un “teaser”, un brevissimo assaggio di questo lavoro".

In conclusione è facile intuire il mantra di Remo Schellino: “Nulla siamo se non la somma dei nostri ricordi”.

Fiorella Avalle Nemolis

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