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Stallo, ma la guerra in Ucraina non si ferma: "Vengano forniti con urgenza i famosi Leopard"

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - La guerra dell’aggressore Putin nei confronti dell’aggredita Ucraina si trova in una fase di stallo, resa quasi obbligata dal generale inverno. Nel frattempo, i due contendenti cercano di consolidare le loro posizioni, limitandosi ad azioni di contatto ravvicinato nell’intero Donbass, oggetto di conquista russa e ripresa ucraina. Quella che Putin pensava sarebbe stata una passeggiata, si è drammaticamente rivelata una terza guerra mondiale limitata per ora al terreno ucraino, sul quale vengono scaricate dall’invasore quantità impressionanti di missili e proiettili di cannone. Alcuni dei quali, per quanto a precisione e potenza, si può dire siano preistorici, anche se sono passati pochi anni dalla loro costruzione. Quasi tutto l’esercito russo sta usando armi vetuste, sorpassate, come se il tempo si fosse fermato alla presa di Berlino. La guerra probabilmente era stata vista da Putin come una sorta di liquidazione del vecchio arsenale, sia dell’aria che del cielo. In mare, fatta eccezione dei sottomarini nucleari che lanciano missili dal mar Nero, le unità di superficie non sono molto affidabili. L’ammiraglia è saltata in aria non appena si accingeva a diventare operativa. Nel settore dei carri armati, una massa notevole di vecchi arnesi voraci e poco operativi, sta calpestando il suolo ucraino. Sono esposti al fuoco dei missili terra terra e diventano bare per gli occupanti, non appena il fosforo raggiunge l’interno, dopo aver perforato corazze non troppo protettive. I morti, sia russi che ucraini, in base alle rispettive dichiarazioni poco genuine, si contano a decine di migliaia, cominciando ad arrivare addirittura alle centinaia di migliaia, da ambedue le parti.

Probabilmente il calcolo più pesante è a danno della Russia. Putin ha arruolato forzatamente circa 400 mila reclute dopo aver svuotato le carceri e i gulag. Deve rimpolpare l’esercito di occupazione, intento a difendere le conquiste conseguite e cerca un ulteriore margine di uomini per una annunciata ripresa, con la promessa di porre in sicurezza tutte le parti già strappate a Kyiv e di poter procedere nell’avanzata. Il gruppo Wagner è diventato di fatto un esercito che gestisce autonomamente, con il proprio comandante assassino, quasi 100 mila uomini a libro paga della Russia. Ho avuto modo di leggere l’ultimo numero di Internazionale, che riporta un interessante articolo di Emran Feroz, giornalista dello svizzero Republik. È incentrato sulla ricerca abbastanza urgente, da parte di emissari russi, sia in Afghanistan che in Iran, di volontari esperti, professionisti o partigiani operanti in Afghanistan ed Iran. Facendo leva sull’antiamericanismo molto forte in tali Stati, li invitano – pare per tre mila euro al mese – ad unirsi all’esercito russo, coordinato con l’armata Wagner. Dopo le sciagurate politiche statunitensi in Medio Oriente, Africa e Asia, gli Usa sono il bersaglio principale di chi con queste operazioni sconsiderate ha messo in subbuglio il mondo intero, sempre perdendo e con grande sacrificio di militari.

Kyiv si rivolge con affanno e giustificato timore al mondo occidentale, dove Francia e Germania nicchiano, concedendo armi col contagocce, mentre i paesi nordici, confinanti con la Russia, sarebbero disposti a trasferire in blocco l’intero loro esercito per contrastarne l’avanzata. Caduta Kyiv, toccherebbe a loro. Gli Usa finora hanno con generosità un po’ pelosa fornito di armi prevalentemente difensive, cioè missili antimissili e mezzi di trasporto, cannoni a media gittata, armi leggere, rifornimenti di proiettili, cercando di impedire l’avanzata russa. Siamo ora al momento di consegnare carri armati moderni, da parte dell’intero Occidente. Pare persino ridicolo che ogni Stato offra neppure cinquanta carri ciascuno. A fronte – pare – di una forza russa di quasi cinque mila, anche se in vecchia parte arnesi, ma pur sempre temibili. La posizione lagnosa di Putin, del suo ministro degli Esteri e dei due saccenti portavoce dei medesimi, suona come una musica rotta, ripetuta e sconcertante per le persone dotate di un minimo di intelligenza, lasciando perdere il senso morale. Putin pretende che l’Ucraina non debba avere armi in grado di ricacciare indietro il suo esercito e meno che mai che consentano di azzardarsi a calpestare un centimetro quadrato di terra russa. Se il sacro suolo venisse colpito da un missile o invaso da un carro armato, le cataratte nucleari si aprirebbero e dai bunker dell’intera Russia uscirebbero centinaia di missili magari dotati anche di bombe termonucleari di potenza di qualche centinaio di quelli di Hiroshima e di Nagasaki. Lo sbruffone giocatore di Poker vede ogni giorno le madri dei soldati defunti unirsi in associazione per impedire la prosecuzione del conflitto.

Anche se la popolarità di Putin, misurata secondo modalità russe pare non diminuire, non gli garantisce il futuro neppure immediato. Tutto può saltare in terra russa, come il Muro di Berlino, l’occupazione dei paesi satelliti, la caduta stessa dell’Urss. Di norma avviene senza preavviso e l’intero mondo cambia, mentre ancor ora sono attoniti molti abitanti delle Repubbliche centroasiatiche, private della Russia mamma. L’Occidente deve respingere al mittente la pretesa di frenare la difesa di Kyiv, anzi la deve rifornire di ogni armamento che consenta efficacemente di contrastare la prossima avanzata di primavera. E quando ministri e portavoce – se non addirittura ambasciatori di Russia in terra nostra e dei paesi occidentali – si permettono di censurare l’operato dei nostri governi, lo possono dire perché siamo in Occidente e non rischiano la galera, come avverrebbe a casa loro. Purtroppo, l’immane tragedia ha portato alla morte centinaia di migliaia di militari e civili, all’abbandono delle case e delle attività di più di metà della popolazione ucraina. Putin continua a bombardare a tappeto ovunque, senza il rispetto di ospedali, scuole, fabbricati civili. L’Ucraina invece, secondo la sua visione distorta e folle, non può essere fornita di armi che rallentino l’invasione, se non in modesta misura: mai carri armati moderni.

Leggere queste cose, esternate da questi personaggi sia da casa loro che da casa nostra, richiederebbe l’intervento dello psichiatra. Vengano forniti con urgenza i famosi leopard nonché da parte della Germania e dai paesi che li avevano acquistati dalla medesima, Polonia in testa, nonché dagli americani e inglesi. È vero che c’è la minaccia nucleare putiniana, rischio effettivo, con in palio anche la distruzione del mondo, Russia compresa. Occorre prudenza, ma non sottomissione alla volontà di un pazzo criminale e dei suoi lecchini che ne diffondono il vangelo – nostra democrazia permettendo – addirittura nei nostri paesi. Ricordando Seneca, la migliore conclusione per queste osservazioni, è il suo detto: "De hoc satis dictum est” (Di questo argomento si è fin troppo parlato, ne abbiamo abbastanza). 

Piercarlo Barale 

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